Rethink Everything – Lombard Odier http://iniziative-wp.dev.24orepro.in.ilsole24ore.it/ret/ Just another WordPress site Mon, 04 Dec 2023 19:30:29 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.0 Una leadership etica per le aziende: guidare la transizione http://iniziative-wp.dev.24orepro.in.ilsole24ore.it/ret/rendere-infinite-le-risorse-uneconomia-circolare-e-sostenibile-dei-materiali/ Mon, 04 Dec 2023 19:17:12 +0000 https://rethinkeverything.ilsole24ore.com/?p=747 NATIVA, una Regenerative Design Company, che supporta le aziende in una radicale evoluzione del proprio business, accelerandone la transizione verso modelli economici rigenerativi.

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Il profitto, ma anche la responsabilità: non solo verso gli azionisti, ma anche nei confronti di tutti gli altri stakeholder, dai dipendenti ai fornitori, dai clienti alle comunità locali, fino ad abbracciare l’ecosistema, il clima, la salute del Pianeta. Ed accompagnare le imprese nella loro transizione verso la sostenibilità è il compito che si è data NATIVA, che si definisce “una Regenerative Design Company, che supporta le aziende in una radicale evoluzione del proprio business, accelerandone la transizione verso modelli economici rigenerativi”.

Fondata nel 2012 da due imprenditori, Eric Ezechieli e Paolo Di Cesare, oggi NATIVA lavora con aziende di diverse dimensioni e settori, come Intesa Sanpaolo, OVS, Danone, Scarpa e tante altre. Le tipologie di progettualità sono diverse, ma comportano spesso cambiamenti concreti e sostanziali all’interno delle aziende. Qualche esempio? Modificare i processi di “governo” interno, includendo gli stakeholder nelle decisioni aziendali e aumentando la trasparenza; migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici, lavorando per ridurre progressivamente l’utilizzo dei combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili; coinvolgere la catena dei fornitori negli obiettivi di sostenibilità; applicare l’economia circolare già nella progettazione dei prodotti, trasformando i rifiuti in risorse; e ricorrere, anche, a strumenti finanziari innovativi che possano sostenere questa evoluzione. Andando anche oltre la semplice compliance e i requisiti di legge.

Non a caso, negli ultimi anni NATIVA- che dal 2016 è una società benefit, status giuridico che esplicita l’impegno a generare valore per la società e l’ambiente oltre a creare utili – supporta le istituzioni finanziarie (istituti di credito, società di gestione del risparmio, etc.) nell’ampliamento della propria offerta di prodotti che integrano al loro interno aspetti ambientali e sociali, i cosiddetti criteri ESG (Environmental, Social, Governance). E affianca anche le aziende nell’accesso a questo tipo di prodotti: nel 2022 ha contribuito all’emissione di Sustainability-linked Bond – ovvero obbligazioni con tasso cedolare legato alle performance di sostenibilità dell’emittente – per un valore complessivo di oltre 334 milioni di euro, aiutando le imprese a individuare obiettivi di sostenibilità, consentendogli così di avviare programmi per misurare e migliorare le proprie performance su questo terreno.

Nel 2022 NATIVA ha lanciato CO2alizione, un’iniziativa portata avanti con la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile per sostenere la transizione delle aziende verso la neutralità climatica. Una novantina di aziende italiane si sono già impegnate a modificare il proprio statuto, aggiungendo un impegno formale in questo senso.
Ma come si evita il rischio che la “conversione” alla sostenibilità delle aziende, chiesta a gran voce anche dai consumatori, possa celare fenomeni di greenwashing? Per NATIVA conta l’approccio scientifico, “misurando in profondità quali sono le attività virtuose e le aree di miglioramento, evitando claim non veri e iniziando un percorso di continuo miglioramento, nella consapevolezza che la transizione verso la sostenibilità sarà lunga, che ci saranno settori complessi che andranno stimolati e aiutati, ma anche aziende che saranno un po’ più avanti e da cui le altre potranno prendere esempio”.

L’importanza di una transizione equa

Il lavoro che sta facendo da ormai oltre un decennio NATIVA è in sintonia con l’impegno globale a favore di una transizione ambientale e sociale, verde e partecipativa, che vede le aziende chiamate ad assumere un ruolo chiave. Un rapporto diffuso alla fine del 2022 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) indica che sempre più imprese stanno adottando misure per ridurre le emissioni di carbonio, in risposta alla scarsità delle risorse, ai disastri naturali più frequenti e alle richieste dei consumatori. Il rapporto identifica diverse ragioni che spingono le imprese verso un’impronta ecologica più sostenibile, tra cui la legislazione sui trasporti e l’uso sostenibile delle risorse, le norme sugli acquisti verdi, l’organizzazione del lavoro, il telelavoro e i modelli aziendali sostenibili. Secondo l’ILO, la volontà degli imprenditori e le aspettative dei lavoratori riguardo a un ambiente di lavoro sano sono fondamentali per favorire la transizione ecologica delle imprese. Un’indagine condotta dall’Eurobarometro nel 2021 dice che nove imprese su 10 hanno dichiarato di aver intrapreso azioni per sostenere la transizione verde (con una percentuale che varia dal 99% in Norvegia al 58% in Albania). Anche nei paesi a reddito medio-basso extra-europei, sempre secondo lo studio ILO, la maggior parte delle imprese sta adottando misure per sostenere la transizione ecologica. Le imprese di grandi dimensioni sono più propense ad adottare misure per l’utilizzo efficiente delle risorse e per offrire prodotti e servizi ecologici, grazie all’accesso facilitato alla tecnologia verde e agli obblighi di legge più vincolanti. Ma molte micro, piccole e medie imprese stanno attuando risparmi energetici, gestione efficiente dei rifiuti e utilizzo efficiente delle risorse. Esistono ancora, però, diversi ostacoli da affrontare. Le imprese multinazionali si confrontano con l’incertezza delle politiche climatiche da parte dei governi, la limitata disponibilità di tecnologie verdi e i dubbi riguardanti il ritorno sugli investimenti. Le piccole e medie imprese affrontano problemi di accesso limitato a finanziamenti e competenze, mancanza di informazioni e conoscenze sull’innovazione, e anche incoerenze nell’applicazione delle normative.

Transformational governance

C’è un’attesa crescente tra investitori e stakeholder, e anche tra i regolatori, perché le aziende giochino un ruolo più responsabile, accelerando la transizione anche grazie a un’innovativa cornice legale fatta di idee e strumenti nuovi. Va in questo senso l’iniziativa cosiddetta “Transformational Governance” lanciata dal Global Compact dell’ONU, il patto non vincolante nato per incoraggiare le imprese di tutto il mondo ad adottare politiche sostenibili, a cui aderiscono oggi circa 17.000 aziende. Al mondo del business si chiede di promuovere una vera e propria leadership etica, adottando concretamente scelte sostenibili per costruire una relazione di fiducia tra istituzioni pubbliche e private, e al tempo stesso tra queste ultime e la società civile, attuando così il cambiamento di cui il Pianeta ha bisogno. Una governance sostenibile, insomma, viene considerata la premessa, attraverso l’impiego di strumenti di gestione aziendale, di un cambiamento effettivo negli orientamenti di un’impresa.

Noi di Lombard Odier siamo convinti che la sostenibilità stia cambiando profondamente il profilo di rischio e di rendimento degli investimenti nei mercati finanziari. Crediamo che l’economia globale stia muovendo verso un modello circolare, snello, inclusivo e pulito: l’economia CLIC®.

Il cambiamento sarà profondo e avverrà in tante aree produttive: nell’energia, nel settore dei materiali, nell’agricoltura, nell’alimentazione e nell’uso del suolo.
La nostra filosofia è quella rethink everything, ripensare tutto. Le aziende che sapranno cogliere la sfida, cavalcare la transizione come un’onda, saranno anche capaci di far evolvere il proprio business. La nostra specialità è proprio quella di individuare le aziende che offrono le soluzioni di sostenibilità per il futuro, che hanno la visione giusta per adattarsi alla nuova economia CLIC®, e guidarle sulla strada degli investimenti sostenibili, per generare una crescita che non comprometta il Pianeta.

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Rendere infinite le risorse: un’economia circolare e sostenibile dei materiali http://iniziative-wp.dev.24orepro.in.ilsole24ore.it/ret/rendere-infinite-le-risorse/ Mon, 06 Nov 2023 09:40:13 +0000 https://rethinkeverything.ilsole24ore.com/?p=702 C’è una visione della crescita economica che ha fatto il suo tempo: è quella lineare, che si nutre dell’esaurimento delle risorse e si avvolge nei fili di plastica e nei fumi dei combustibili fossili. Una contraddizione in termini: una crescita illimitata alimentata da risorse limitate. Oggi, invece, la crescita possibile, quella sostenibile, si profila nella…

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C’è una visione della crescita economica che ha fatto il suo tempo: è quella lineare, che si nutre dell’esaurimento delle risorse e si avvolge nei fili di plastica e nei fumi dei combustibili fossili. Una contraddizione in termini: una crescita illimitata alimentata da risorse limitate. Oggi, invece, la crescita possibile, quella sostenibile, si profila nella forma dell’economia circolare, che riutilizza e trasforma i materiali, invece di condannarli a divenire rifiuti. 

Secondo un rapporto pubblicato nel 2020 dall’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), l’estrazione e la produzione di materie prime contribuisce non soltanto a quasi un quarto delle emissioni a effetto serra globali, ma anche a circa il 90% della perdita di biodiversità.

Stop all’inquinamento da plastica

Parlare di materiali significa prima di tutto parlare di plastiche e di combustibili fossili. Si tratta infatti di prodotti sintetici, realizzati in gran parte grazie al petrolio greggio, al carbone e al gas naturale. Dagli anni Cinquanta, le plastiche sono molto utilizzate nella nostra vita quotidiana per la produzione di oggetti come bottiglie, sacchetti, giocattoli, imballaggi, arredamenti, abiti e molto altro ancora, grazie alla loro versatilità, leggerezza, resistenza e al costo relativamente basso. Ma, a causa della loro lenta degradazione nell’ambiente – fino ad alcune centinaia di anni – la dispersione delle plastiche, e in particolare quella “monouso”, rappresenta oggi un’ipoteca grave sul futuro della biodiversità e anche sulla nostra salute.
Attualmente, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) la produzione globale di plastica assomma a circa 430 milioni di tonnellate ogni anno di cui oltre due terzi sono prodotti a vita breve che diventano presto rifiuti, e una quantità crescente – 139 milioni di tonnellate nel 2021 – addirittura dopo un singolo utilizzo. Plastica che finisce troppo spesso nell’ambiente e in mare.
Una stima pubblicata a marzo 2023 sulla rivista scientifica Plos One, per esempio, indica che la quantità media di rifiuti plastici sparsi sulla superficie degli oceani si aggira sui 2,3 milioni di tonnellate.

A preoccupare, in particolare, sono soprattutto le cosiddette microplastiche, le particelle di dimensioni inferiori ai 5 millimetri, che alterano gli equilibri degli ecosistemi marini, finendo anche nella catena alimentare umana, principalmente attraverso il consumo del pesce. Le microplastiche primarie provengono soprattutto dai capi d’abbigliamento sintetici (la moda oggi, e la fast fashion in particolare, inquina più del trasporto aereo e rappresenta circa il 10% delle emissioni a effetto serra) dagli pneumatici e anche, in misura molto minore, da prodotti per la cura del corpo.
Secondo un report pubblicato dalla rivista Nature nel 2021, nelle acque superficiali del mondo è concentrato un numero di microplastiche galleggianti comprese tra i 15.000 e i 51.000 miliardi.
In generale, comunque, la plastica contiene sostanze chimiche nocive, come i ftalati e i bisfenoli, che possono migrare negli alimenti e nelle bevande con cui entra in contatto. L’uso di contenitori di plastica può comportare l’assunzione di queste sostanze, che possono avere conseguenze dannose per la salute umana.

Nel 2022, le Nazioni Unite hanno deciso di porre fine all’inquinamento da plastica, promuovendone allo stesso tempo un uso più efficiente, e un accordo vincolante dovrà essere approvato entro la fine del 2024. “Solo un passaggio integrato e sistemico da un’economia lineare a un’economia circolare può evitare che la plastica finisca nei nostri ecosistemi e nei nostri corpi e nell’economia”, ha scritto la direttrice dell’UNEP, Inger Andersen. L’intesa dovrebbe riuscire a ridurre di ben tre quarti l’inquinamento da plastica entro il 2040, creando contemporaneamente centinaia di migliaia di posti di lavoro e risparmiando migliaia di miliardi di dollari. Un rapporto dell’UNEP indica infatti che le stime preliminari dei costi sociali e ambientali annuali legati all’inquinamento da plastica oscillano tra i 300 e i 600 miliardi di dollari all’anno, con alcune stime che superano i 1.500 dollari.
Per ridurre in modo significativo questo tipo di inquinamento, tre sono i cosiddetti market shift che devono avvenire nel prossimo futuro: il riuso di certi prodotti di plastica, che può contribuire di circa il 30% al calo; il riciclo (20%) e l’utilizzo di alternative sostenibili (17%).

L’importanza della circolarità

La questione dell’estrazione dei materiali, però, non riguarda soltanto la plastica e la produzione di combustibili fossili: il suolo viene consumato costantemente con l’uso di coperture artificiali. In Italia per esempio, secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA, il consumo di suolo medio annuo è di 77 km quadrati.
E anche se le più grandi operazioni minerarie mai intraprese riguardano il petrolio, il gas e il carbone, la crescita esponenziale di fonti rinnovabili ed elettrificazione del consumo di energia che si attende per i prossimi decenni – proprio per contrastare il riscaldamento globale provocato dall’uso dei combustibili fossili – porterà enormi vantaggi ambientali ed economici ma anche una crescita della domanda di alcuni minerali, che l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) stima del 400% entro il 2040.
La lista di materie prime importanti per le energie pulite è molto lunga, e
comprende minerali, metalli, leghe con caratteristiche profondamente
diverse.
Ma la prima buona notizia, è che queste materie serviranno a realizzare impianti rinnovabili, alimentati da risorse potenzialmente inesauribili, come il sole, il vento, l’acqua, il calore della Terra. E la seconda, è che l’economia circolare permette di impiegare più e più volte le stesse materie, riducendo la necessità di estrazione. Attualmente, per esempio, l’Unione Europea, secondo i dati di Eurostat, importa circa metà delle materie prime che consuma, e produce ogni anno. circa 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti. Ecco perché la UE ha scelto di adottare una strategia, quella della circolarità, che prevede condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile, grazie anche a una diversa progettazione. Incentivando anche, grazie alla digitalizzazione, un modello di business basato non più sul prodotto, ma sul servizio. Che oggi si sta diffondendo attraverso attività come il car sharing o lo streaming, ma che potenzialmente può espandersi a un enorme numero di settori e servizi, rendendo inutile il possesso di certi beni (come l’automobile, appunto), e dunque riducendo anche la quantità di materie prime necessarie alla produzione dei beni stessi.
Tutto questo, contribuisce realizzare un’economia sostenibile.

L’economia CLIC®

Noi di Lombard Odier siamo convinti che la sostenibilità stia cambiando profondamente il profilo di rischio e di rendimento degli investimenti nei mercati finanziari. Crediamo che l’economia globale stia muovendo verso un modello circolare, snello, inclusivo e pulito: l’economia CLIC®. Il cambiamento sarà profondo e avverrà non solo nel settore dei materiali, ma anche nell’energia, nell’agricoltura, nell’alimentazione e nell’uso del suolo. Il mercato delle emissioni di carbonio può svolgere un ruolo chiave incentivando la transizione in quei settori. Includendo il prezzo delle emissioni climalteranti nel costo del business, infatti, le aziende sono incentivate ad adottare tecnologie a basse emissioni di carbonio, mentre i consumatori vedono i prezzi spostarsi a favore di un modello economico che riutilizza e ricicla di più ed emette e scarta di meno. E in questi anni i mercati di questo tipo, in particolare nella UE e negli USA, hanno visto una diminuzione delle emissioni che non ha compromesso la crescita economica.

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Ripensare l’agricoltura per un futuro sostenibile http://iniziative-wp.dev.24orepro.in.ilsole24ore.it/ret/ripensare-agricoltura-per-un-futuro-sostenibile/ Tue, 03 Oct 2023 09:39:01 +0000 https://rethinkeverything.ilsole24ore.com/?p=669 Per circa 10.000 anni, l’agricoltura ha alimentato l’umanità, soprattutto grazie alla coltivazione di cereali, ma anche all’allevamento. E grazie anche alla cosiddetta rivoluzione verde – con l’innovazione genetica e l’applicazione di sistemi industriali all’agricoltura – dagli anni Cinquanta a oggi la popolazione mondiale è triplicata.Attualmente, secondo varie stime, circa il 40% di tutto il territorio…

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Agricoltura rigenerativa

Per circa 10.000 anni, l’agricoltura ha alimentato l’umanità, soprattutto grazie alla coltivazione di cereali, ma anche all’allevamento. E grazie anche alla cosiddetta rivoluzione verde – con l’innovazione genetica e l’applicazione di sistemi industriali all’agricoltura – dagli anni Cinquanta a oggi la popolazione mondiale è triplicata.
Attualmente, secondo varie stime, circa il 40% di tutto il territorio abitabile del Pianeta è utilizzato a scopo agricolo.
Si tratta però di un’agricoltura in gran parte destinata non direttamente al consumo umano, ma a mangimi e foraggio per gli animali da allevamento, che daranno a loro volta carne, latte e altri prodotti. Nell’Unione Europea, per esempio, circa il 70% dei terreni coltivati servono per il consumo animale, secondo un rapporto di Greenpeace su dati Eurostat. E a livello globale – indica la “National Food Strategy” britannica – solo il 55% dei prodotti coltivati nei campi vengono consumati direttamente dalle persone.

Troppa carne al fuoco

Diventa quindi essenziale utilizzare i terreni agricoli in modo più razionale e sostenibile, per produrre alimenti di origine vegetale che sfamino molte più persone. Nel mondo, infatti, sono 700-800 milioni le persone che soffrono la fame, soprattutto in Asia e in Africa, secondo i dati FAO del 2021, mentre circa 2,3 miliardi sono vittime dell’insicurezza alimentare. Ma paradossalmente, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci sono allo stesso tempo quasi 2 miliardi di adulti in sovrappeso e 650 milioni di obesi: la loro salute è a rischio a causa di un’alimentazione eccessiva o sbagliata, causando così anche un aumento della spesa sanitaria.
È sempre la FAO a stimare che entro il 2050 la produzione agricola, basata sulle attuali abitudini alimentari, dovrà crescere di circa il 60% (rispetto ai livelli del 2005/2007) per sostenere la popolazione in espansione.

Su scala globale, la carne fornisce il 15% delle proteine e l’8% delle calorie della dieta mondiale, secondo uno studio dell’OCSE sulle alternative proteiche alla carne, anche se ci sono profonde differenze tra Paesi e gruppi socioeconomici: dal 9% in Africa al 37% in Nord America, dice la FAO. In alcune parti del mondo, quindi, e in particolare in Nord America, Europa e Asia orientale, è giunto il momento di adottare diete proteiche più sostenibili sia per il Pianeta che per la salute.
Il ruolo fondamentale delle proteine animali è oggi sempre più messo in discussione da proteine alternative – più sostenibili e salutari, a base vegetale – che mirano a sostituirle almeno in parte e che stanno attirando crescenti investimenti privati.

Allo stesso tempo, l’interesse della comunità scientifica per le proteine di origine vegetale è cresciuto per i loro benefici sul clima e per la riduzione del rischio di trasmissione di malattie di origine animale e di resistenza antimicrobica nella produzione alimentare.

La riduzione dell’uso di carne e prodotti animali ha anche un effetto diretto sul clima, perché riduce le emissioni di gas serra. Secondo la FAO, infatti, gli allevamenti intensivi, soprattutto di bovini, producono circa il 14% delle emissioni di gas climalteranti. Si tratta di una quantità che da sola corrisponde a circa ⅔ delle emissioni totali di agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo (rapporto Our World Data 2020).

L’agricoltura oggi consuma anche, secondo la Banca Mondiale, circa il 70% dell’acqua dolce a nostra disposizione, una percentuale che può arrivare al 95% in alcuni Paesi in via di sviluppo. E nel caso dell’allevamento, la percentuale è ancora più alta se si considera che, secondo i dati del Water Footprint Network, sono necessari in media circa 15.400 litri di acqua per produrre 1 kg di carne bovina, contro i 1.250-1.500 litri per 1 kg di lenticchie (considerando anche che, dal punto di vista del contenuto proteico, i due alimenti sono quasi equivalenti).

Ridurre e rigenerare

In breve, il nostro sistema alimentare si trova oggi ad affrontare alcune serie sfide. Oggi, quindi, per ridurre l’impatto climatico dell’agricoltura e soprattutto dell’allevamento, sfamare le persone affamate, ridurre il consumo di risorse fondamentali e non inesauribili come l’acqua e aumentare la produzione alimentare, abbiamo bisogno di un’agricoltura di precisione (precision farming). Un’agricoltura sempre più sostenibile che utilizzi meno risorse e difenda la biodiversità, disaccoppiando così la crescita economica dagli impatti sociali e ambientali. Negli ultimi anni si stanno diffondendo sistemi in grado di tenere sotto controllo le colture misurandone le prestazioni e le esatte necessità, grazie a sistemi GPS, droni, sensori, sistemi di irrigazione a goccia e altro ancora. Questo tipo di agricoltura consente di utilizzare meno fertilizzanti – che possono causare inquinamento ambientale e delle falde acquifere – e meno acqua. L’agricoltura di precisione è anche una componente importante dell’agricoltura rigenerativa, che mira appunto a rigenerare i terreni adottando pratiche in grado di aumentare la fertilità e limitare l’erosione del suolo, scegliendo pratiche scientifiche innovative e valorizzando le specificità e le culture locali, aumentando così le varietà di colture e la biodiversità locale. Questo tipo di agricoltura può contribuire a ridurre la quantità di terreni oggi degradati, rigenerandoli. La Quindicesima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione si è impegnata infatti nel 2022 ad accelerare il ripristino di 1 miliardo di ettari di terreni degradati entro il 2030, stimando che ogni dollaro investito in questa operazione produrrà tra i 7 e i 30 dollari di benefici economici. Dunque, occorre ripensare l’agricoltura, il cibo e l’uso della terra. La transizione verso nuovi sistemi alimentari è in corso. Per le aziende che puntano sull’innovazione e che sono sensibili alle necessità e alle nuove richieste dei consumatori, le opportunità di investimento nella produzione alimentare sostenibile sono in aumento. Occorre privilegiare le aziende che offrono soluzioni lungo tutta la catena del valore in settori come l’agricoltura e le attrezzature alimentari, il confezionamento degli alimenti e la logistica. Noi di Lombard Odier siamo convinti che la sostenibilità stia cambiando profondamente il profilo di rischio e di rendimento degli investimenti nei mercati finanziari. crediamo che l’economia globale stia muovendo verso un modello circolare, snello, inclusivo e pulito: l’economia CLIC®. Il cambiamento sarà profondo e avverrà nell’energia, nel settore dei materiali, nell’agricoltura, nell’alimentazione e nell’uso del suolo. E il mercato delle emissioni di carbonio può svolgere un ruolo chiave incentivando la transizione in quei settori. Includendo il prezzo delle emissioni climalteranti nel costo del business, infatti, le aziende sono incentivate ad adottare tecnologie a basse emissioni di carbonio, mentre i consumatori vedono i prezzi spostarsi a favore di un modello economico che riutilizza e ricicla di più ed emette e scarta di meno. E in questi anni i mercati di questo tipo, in particolare nella Ue e negli Usa, hanno visto una diminuzione delle emissioni che non ha compromesso la crescita economica.

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Elettrificare l’economia http://iniziative-wp.dev.24orepro.in.ilsole24ore.it/ret/elettrificare-leconomia/ Mon, 26 Jun 2023 13:38:10 +0000 https://iniziative-wp.ilsole24ore.com/rethinkeverything/?p=471 C’è stato un tempo in cui elettrificare un Paese significava renderlo moderno, grazie all’uso dell’elettricità per portare in qualsiasi casa la luce e rendere più confortevole la vita delle persone. Oggi, però, abbiamo bisogno di una nuova elettrificazione, pulita, verde, generata senza bruciare combustibili fossili, che producono CO2 e alterano così il clima, per vincere…

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C’è stato un tempo in cui elettrificare un Paese significava renderlo moderno, grazie all’uso dell’elettricità per portare in qualsiasi casa la luce e rendere più confortevole la vita delle persone. Oggi, però, abbiamo bisogno di una nuova elettrificazione, pulita, verde, generata senza bruciare combustibili fossili, che producono CO2 e alterano così il clima, per vincere la sfida contro il riscaldamento globale. È questa la nuova modernità: raggiungere le emissioni Net Zero grazie all’uso dell’elettricità.

Elettricità da fonti rinnovabili

Il mondo ha un bisogno crescente di energia. Attualmente, l’80% dei consumi energetici globali continua a basarsi sull’uso dei combustibili fossili, che però producono emissioni di gas a effetto serra. La soluzione per una crescita che non ci porti alla crisi climatica sta dunque nell’utilizzo di fonti rinnovabili, a emissioni zero, per produrre energia: idroelettrico, solare, eolico, geotermico. Oltre, naturalmente, all’efficienza energetica, che è il secondo pilastro della transizione energetica verso la decarbonizzazione, e che riguarda tutti i settori, dall’agricoltura alle costruzioni passando per i trasporti.
Elettrificare oggi significa dunque utilizzare l’elettricità da fonti rinnovabili per tutti i consumi finali, dalle necessità domestiche – cucinare, scaldarsi – alla mobilità, fino alla produzione industriale (anche se esistono settori industriali, i cosiddetti hard to abate, per i quali si stanno studiando altre soluzioni più efficaci, come l’uso dell’idrogeno verde). Il cambiamento è possibile: nel 2021, infatti, l’86% di tutta la nuova capacità di generazione dell’elettricità è venuta infatti dalle rinnovabili.
Oltre alle fonti rinnovabili, per diffondersi sempre più l’elettrificazione ha anche bisogno di sistemi di storage dell’energia – perché il sole e il vento sono fonti illimitate ma variabili, dato che dipendono dalla presenza del sole e dalle condizioni meteo – e soprattutto di nuove reti elettriche resistenti ai fenomeni meteorologici estremi, digitalizzate, in grado di gestire picchi e cali di energia mantenendo equilibrio tra domanda e offerta, e che alimenteranno anche le stazioni di ricarica dei veicoli elettrici.

Un uso più efficiente dell’energia

L’elettrificazione consente un uso più efficiente dell’energia. I motori termici, che bruciano combustibili fossili nei veicoli, nelle caldaie e nelle industrie che dipendono dal calore, sono intrinsecamente inefficienti e quindi costosi. Nelle automobili, i motori a combustione interna trasformano circa il 60-80% dell’energia totale immessa in calore di scarto. Mentre un motore elettrico resta sostanzialmente freddo, produce pochissimo calore: per questo, a parità di energia, un’auto elettrica consuma una distanza tre volte maggiore rispetto a un veicolo termico.
I processi industriali che utilizzano combustibili fossili per il calore presentano un problema di efficienza simile, anche se meno grave rispetto ai trasporti. Ma i prodotti e i sistemi industriali alimentati a elettricità, possono fornire la stessa quantità di lavoro a una frazione del loro consumo energetico. E lo stesso vale per le tecnologie che usiamo in casa: un piano a cottura elettrico è due volte più efficiente di uno a gas; una pompa di calore è almeno tre volte più efficiente di un sistema di riscaldamento tradizionale.

Gli altri vantaggi dell’elettrificazione

Oltre a contribuire alla decarbonizzazione e a ridurre i costi, l’elettrificazione produce numerosi altri benefici. Abbatte l’inquinamento nelle città, dovuto soprattutto alle emissioni delle auto e dei sistemi di riscaldamento degli edifici, perché i motori dei veicoli elettrici e le pompe di calore non soltanto non emettono CO2, ma neanche elementi inquinanti come il cosiddetto particolato atmosferico e gli ossidi di azoto in particolare. L’elettrificazione consente maggiore flessibilità nell’uso dell’energia: non è più prodotta solo da grandi centrali ma da impianti di tutte le dimensioni, anche familiari; e grazie all’Internet of Things può essere utilizzata in modo diverso e personalizzato nelle strade, nei luoghi di lavoro e nelle case, secondo il bisogno del momento.
Elettrificare poi favorisce l’economia circolare, perché i componenti delle infrastrutture che alimentano e permettono il funzionamento delle reti elettriche (dai motori eolici e i pannelli solari agli smart meter, passando per i trasformatori etc) sono in grandissima parte riciclabili o riutilizzabili, così come le materie prime che si utilizzano, dal silicio per le celle solari al litio per le batterie elettriche, dal rame all’alluminio. Infine, con l’elettrificazione aumenta la sicurezza, perché elimina i rischi di incendio ed esplosione legati all’uso del gas e altri combustibili.

L’opzione più competitiva

L’elettrificazione attraverso le fonti rinnovabili è già oggi l’opzione più competitiva in termini di costi per la produzione e il consumo di energia, prima di tutto perché la disponibilità di energia rinnovabile è illimitata, a differenza dei combustibili fossili. Da un punto di vista economico, l’elettrificazione diretta della nostra economia attraverso le energie rinnovabili è dunque di per sé una scelta anti-inflazione. I prezzi di installazione per l’eolico, il solare e le batterie sono crollati nell’ultimo decennio di oltre l’80%, e il solare fotovoltaico è ora la fonte di elettricità più economica della storia, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA).

Una rivoluzione in corso

Questa nuova elettrificazione è già in corso. Nel 2022, secondo BloombergNEF, gli investimenti globali in tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio (in cui rientrano, oltre alla rinnovabili, anche storage e biocombustibili) hanno superato per la prima volta i 1.000 miliardi di dollari – con un balzo del 31% rispetto al 2021 – arrivando praticamente testa a testa con gli investimenti per tecnologie basate sui combustibili fossili. Ancora, per la prima volta, si investono più soldi nelle energie rinnovabili che nel settore del petrolio e del gas (esclusa l’esplorazione). Le rinnovabili, le reti e lo storage rappresentano ora oltre l’80% degli investimenti totali nel settore energetico. Per alcune tecnologie come il solare fotovoltaico, le batterie e i veicoli elettrici, gli investimenti stanno crescendo a tassi coerenti con il raggiungimento delle emissioni net zero entro il 2050 a livello globale.

Noi di Lombard Odier siamo convinti che la sostenibilità stia cambiando profondamente il profilo di rischio e di rendimento degli investimenti nei mercati finanziari. crediamo che l’economia globale stia muovendo verso un modello circolare, snello, inclusivo e pulito: l’economia CLIC®. Il cambiamento sarà profondo e avverrà nell’energia, nel settore dei materiali, nell’agricoltura, nell’alimentazione e nell’uso del suolo. E il mercato delle emissioni di carbonio può svolgere un ruolo chiave incentivando la transizione in quei settori. Includendo il prezzo delle emissioni climalteranti nel costo del business, infatti, le aziende sono incentivate ad adottare tecnologie a basse emissioni di carbonio, mentre i consumatori vedono i prezzi spostarsi a favore di un modello economico che riutilizza e ricicla di più ed emette e scarta di meno. E in questi anni i mercati di questo tipo, in particolare nella Ue e negli Usa, hanno visto una diminuzione delle emissioni che non ha compromesso la crescita economica.

Riteniamo che la transizione verso un sistema energetico elettrificato rappresenti una nuova rivoluzione industriale, che sta avvenendo alla velocità della rivoluzione digitale: entro il 2050 l’elettricità costituirà il 70% dell’energia, rispetto all’attuale 20%. Ciò sarà determinato da cambiamenti normativi per affrontare il cambiamento climatico, dal rapido progresso tecnologico e dalla diminuzione dei costi, nonché da complessi cambiamenti nei comportamenti dei cittadini e dei consumatori. A sua volta, la transizione porterà a cambiamenti travolgenti a livello di sistema in numerosi settori e nelle rispettive catene del valore, mentre il mondo delle imprese oggi sta rivedendo il modo in cui produce beni e servizi.

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